Sino a una certa, la mia vita è stata guidata con garbo e intelligenza dal mio cervello, fatti salvi quei due giorni al mese in cui a prevalere erano dei gruppetti sparsi di ormoni incazzati. Ora, superata la cinquantina, la gestione dei miei ritmi giornalieri è passata, con mio grande disappunto… alla mia vescica!

È lei che decide se arrivo puntuale al lavoro, se devo alzarmi durante il pranzo, se devo mollare la classe di corsa prima ancora che sia giunto il bidello… È lei che decide se, prima del ritorno a casa, posso fermarmi a fare due compere, se devo piantare in asso un’amica mentre stiamo chiacchierando, e via dicendo.

Venerdì scorso, arrivo nel parcheggio riservato ai clienti della Lidl, chiudo l’auto e mi accingo a prendere un carrello. Ed è mentre sto entrando dalle porte scorrevoli che, dai Paesi Bassi, arriva un messaggino sommesso ma inequivocabile. “Vai a fare pipì,” mi sussurra serenamente la vescica. La ignoro completamente, e inizio a scegliere gli articoli dagli scaffali. E sono all’incirca all’altezza della seconda corsia, quando l’invito si ripete: “Non so tu – mormora, la maledetta, con una punta di perfidia latente – ma io mi sbrigherei: sono piena.”

Mentalmente mi partono tre vaffa in sequenza, mentre seguito a fare la spesa, tentando di ricordare se in casa manchi questo o quell’altro. Reparto dei formaggi: l’invito si reitera, e non è più un invito… Diciamo che ha più sembianze velatamente intimidatorie. Una puntina di fastidio mi costringe a contrarre leggermente i muscoli pelvici. Niente…