Una delle cose che mi incastra di più il cervello è l’uso della parola “solo” o “sola”.
Salta sempre fuori prima o poi quando si parla di argomenti come le relazioni e il benessere individuale.
Qualcuno ti guarda e dice che è stato solo o sola nell’ultimo periodo.
E tu stai là, a pensare che nell’ultimo periodo hai sentito parlare quella persona di 25 appuntamenti, 12 chat, app di dating e hai smesso di memorizzare i nomi che ti diceva.
Li chiami tutti o tutte “coso/cosa, là”.
Perché, chiariamoci: nessuno giudica chi non ha relazioni stabili e affronta determinati periodi divertendosi, conoscendo, frequentando senza impegni persone.
Ma questo non è stare “soli”.
Questo è frequentare gente senza impegno, non avendo relazioni stabili ma solo “occasionali”.
Ecco, questo secondo me è uno dei più bei segni di Caso Umanità dilagante e diffusissima ai giorni nostri. Quasi a livello di società.
Miriadi di persone che fanno un vanto di stare sole, che si lamentano che gli altri non sappiano stare soli, e che in ultima battuta non fanno altro che appropriarsi letteralmente di tutte le caratteristiche positive che attribuiamo alla persona che sa stare sola.
Lo trovo da Casi Umani solo perché poi, conoscendoli, non corrispondono manco al significato della parola.
Sempre non vi è nulla di male nel fare ciò: ma almeno che non si racconti che si sa stare da soli se “soli” non ci si sta mai.
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