FDM che ho fatto fare a mia madre per procura: metà anni ‘80, io sono una piccola pargola dalle guanciotte morbide e piena di ricci neri (3 o 4 anni d’età, non di più).
La mia signora genitrice, professoressa d’altri tempi col sacro fuoco della cultura, decide di iniziarmi al mondo del bello e dell’arte e di portare me, la sua unica e diletta creatura, nel Museo della mia città ad ammirare uno dei simboli del genio umano conosciuti in tutto il mondo: I BRONZI DI RIACE.
Ci rechiamo dunque, con l’atteggiamento commosso e deferente di chi si sta accostando a qualcosa di mistico, in centro, di fronte al “km più bello d‘Italia” (a proposito, la storia di D’Annunzio è na ca…ta, non lo ha mai detto ma il lungomare di Reggio resta bellissimo). La signora madre docente mi parla di Magna Grecia, dei nostri “antenati”, della fortuna che abbiamo a poter custodire presso le sacre sponde dello Stretto cotanta superba bellezza.
Io la guardo e le vorrei dire che non me ne può frega’ de meno, che la nonna ha fatto la lasagna e ho fame, ma capisco che non è il caso di deludere mammina e faccio finta di nulla.
Credo, almeno, perché quello che vi sto raccontando non me lo ricordo: mi è stato detto con somma vergogna, ma conoscendomi…
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