Lui rispose al telefono e, molto occupato, disse che entro la mattinata avrebbe mandato a casa un suo assistente.
Tutto tranquillo, penserete voi.
Lo pensavo anche io.
Orbene, Dany era al lavoro, mentre io ero rimasta a casa proprio per aspettare questo tizio, che per comodità d’ora innanzi chiameremo Adelchi. Perché è un nome bello, importante, ci sta; e voglio creare un ossimoro con la sua vera figura.
A una certa ora, suonò il campanello. E si presentò alla porta un individuo alto, sciatto, coi capelli lunghi e stopposi legati in una coda, assolutamente privo di una valigetta di qualunque sorta. Di solito gli idraulici dovrebbero averla, giusto? Adelchi entrò in casa e mi disse che aveva dimenticato gli strumenti del mestiere, e se per favore avessi avuto dei guanti da prestargli.
Sì, certo, li avevo.
Quelli da cucina, nuovi, ma pazienza, li avrei ricomprati. Così gli diedi i guanti, lui si diresse in bagno a passo ciondolante e iniziò a ispezionare la situazione. Io, nella stanza accanto, sentii lo sciacquone venire tirato più e più volte.
E ancora.
E ancora.
Ma ogni volta che lo tirava, l’acqua dello scarico saliva, fino a che non iniziò a strabordare dalla tazza.