La raggiungo proprio nel momento in cui si “appoggia” delicatamente su una Renault grigia di una bruttezza allarmante. Mi metto quasi a piangere, non ho il coraggio di guardare e resto lì, come una scema, a sperare che qualche entità sovrannaturale riavvolga il nastro e mi riporti a dieci minuti fa.
Il proprietario esce dall’auto e, pietosamente, mi prende per un braccio: “Venga, signora, guardi che non è successo niente”.
In effetti, sposto la macchina e non c’è un graffietto, né sulla mia carrozzeria né sulla sua.
Scendo e lo abbraccerei forte se la moglie, prevedendo la cosa, non mi fulminasse con lo sguardo.
Borbotto un “grazie” e sto per infilarmi di nuovo in macchina, quando il signore mi fa cenno di guardare verso il negozio di alimentari, dove la proprietaria si sta sbracciando per ricordarmi che ho lasciato borsa, pane e tutto il resto.
Vasco Rossi, tu, con la tua vita spericolata, spostati.
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