Sono quasi le otto, sta calando il sole, la luce inizia a scarseggiare.
Io, come sempre, di corsa, vedo un negozio di alimentari ancora aperto e mi sovviene che ho finito il pane e che, sì, magari ho bisogno anche di un po’ di frutta.
Mi parcheggio a una decina di metri e scendo. Chiudo le portiere col telecomando e, avviandomi, butto uno sguardo di apprezzamento alla mia auto.
Sono soddisfatta: l’ho comprata da neanche una settimana, dopo una vita da precaria a girare con scassoni che nemmeno nel terzo mondo, e la trovo bellissima, il giusto coronamento di tanti anni di sacrifici.
È bianca, lucidissima, potente e, soprattutto, sa di nuovo da qualsiasi angolazione la si guardi. Potrebbe sembrare tutta gioia, invece, per una ansiosa come me, è una nuova preoccupazione: come un figlio, direi, del cui benessere ti preoccupi giorno e notte.
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