Io, di tutta risposta, smisi semplicemente di seguirlo e di studiare la sua materia; preferii fingere che non esistesse, piuttosto che doverlo stare a sentire ogni volta.
Ovviamente i voti già bassi scesero ulteriormente, e questo peggiorò la situazione.
Conclusi il primo anno di superiori con un 3 in disegno tecnico, che miracolosamente non si trasformò in un debito – fortunatamente la materia prevedeva una parte teorica insegnata da un altro professore, con cui avevo voti decenti.
Il secondo anno le cose precipitarono.
Se prima i commenti erano sarcastici e un minimo velati, ora erano praticamente insulti gratuiti, rabbiosi e immotivati; ad ogni minima cosa venivo attaccato; e forse il tono non traspare dalle frasi scritte, ma nelle sue parole c’era sempre quel disprezzo che non ho mai capito fino in fondo.
Ricordo che ogni volta che mi cadeva qualcosa dal banco partiva con “okay, Tocci, ti stiamo dando l’attenzione di cui sembri avere tanto bisogno e che non ti hanno mai dato. Forza, facci sentire cos’hai da dire di così importante”.
Ogni volta che c’era brusio in classe, era un “Tocci, non distrarre gli altri, che almeno loro fanno qualcosa” (e io magari stavo lavorando al dannatissimo disegno).
Furono tante le volte che mi ridusse alle lacrime a forza di fare così – non mi difendevo da lui, non capivo perché lo facesse, subivo e basta -; non capivo perché amasse umiliarmi a quel modo, fatto sta che più si andava avanti e peggio era.
Ovviamente, ogni volta che si consegnavano i disegni era una mitragliata di commentacci. “Sembra arte astratta”, “ma come fai ad essere così impedito”, “ma sai tenere in mano un portamine” e cose del genere.
L’apice fu raggiunto quando consegnai uno degli ultimi lavori, e non feci in tempo a tornare al mio posto che il professore iniziò a sbraitare “Ma cos’è questo schifo? Che cosa mi hai consegnato? Bisogna metterci impegno a fare un disastro del genere! Ammetti che lo fai apposta!”, per poi mostrare la tavola a tutta la classe e conseguentemente strapparla di fronte a tutti, pretendendo che la rifacessi da capo.