Io, umiliato e in lacrime, mi rifutai di rifarla. “Se ha finito di umiliarmi, vorrei che continuasse la lezione”, gli dissi, in una delle mie rare reazioni.
La risposta fu semplice: “io non ti umilio, dico semplicemente la verità”.
La storia di questo “professore” si conclude alla fine del secondo anno, quando come ultimo lavoro da fare prima di non vederci più (dopo il biennio non avremmo più avuto disegno tecnico) ci chiese di scrivere un tema non valutato in forma di lettera, a lui dedicata e che chiedeva un resoconto e un’opinione del suo operato nei due anni che ci ha “insegnato”. Unica condizione: non si poteva insultare, almeno non direttamente.
Inutile dire che la mia lettera fu di fuoco. Scrissi di come aveva fallito come docente e come essere umano nei miei confronti, di come lo avrei sempre considerato il professore peggiore che io abbia avuto (a tutt’oggi è così), di come i suoi metodi non facevano altro che allontanare gli studenti dalla sua materia. Una pagina e mezzo che conteneva tutto ciò che per due anni mi ero tenuto dentro.
Ricordo distintamente che dopo che la lesse, non osò più rivolgermi la parola sino alle vacanze estive, che passai comunque senza debiti, grazie ai voti presi col professore di teoria.
E io, soddisfatto, mi sentii finalmente libero di bruciare tutto il materiale che mi era rimasto di quella maledetta materia. Almeno era finita.
The end.
Ora.
Non dico che sia stato il professore peggiore del mondo (certamente non mi menava), ma certamente mi ha lasciato un gran brutto segno, una gran batosta all’autostima e tante altre insicurezze che mi porto ancora oggi. A volte le persone non si rendono conto dell’impronta che lasciano negli altri.
Sarei curioso di sentire le vostre storie in proposito, se voleste condividerle.
Lascia un commento