La donna iniziò ad attaccarci verbalmente, chiamandoci “zingari” e dando della puttana a me, mia madre e mia nonna che in quel periodo veniva a trovarci durante la settimana. Ci lanciava minacce, maledizioni, urlava in slavo e ci faceva mille e più dispetti e fastidi.
Se doveva potare la sua siepe ci lanciava tutti i rami nel nostro giardino, se c’erano i cani fuori li istigava col bastone o li bagnava con l’acqua, e altre mille robe che se sto qua ad elencare finisco di scrivere domani.
Un giorno ci viene a trovare un amico (vi ricordo che sono quella della fattoria) per fare dei lavori alla stalla. Ad un certo punto esce la vicina, ubriaca, urlandoci contro che le nostre anatre andavano nel suo orto di notte a mangiarle le verdure.
Allora. Per cominciare le anatre che si muovono di notte per andare appositamente negli orti altrui è la prima volta che la sento, ma poi c’è da dire che avrebbero dovuto oltrepassare tre zone recintate, tra cui con dei cani, per poter finire nel suo orto. Mia madre le urlò contro che doveva bere di meno, perché se scambiava le pantegane per anatre doveva essere cioca forte. Il nostro amico racconta questa cosa ancora oggi.
Un giorno sono venute delle mamme con i bambini a vedere gli animali, gente che ci conosceva e con cui c’era un certo rapporto di amicizia. La vicina è andata da loro ad urlargli che: “questo è posto di morte! Andate via! Farete morire bambini!”.
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