Con lei era come ballare in un valzer per trasformisti.
Lo adoravo.
La famiglia affrontava la condizione di Galadriel con una calma stoica e provata, senza mai farmi carico delle loro difficoltà, cosa non inusuale per chi svolge un lavoro del genere.
Suo marito, che per forza di cose sarà Celeborn, era l’uomo più sinceramente innamorato che abbia mai visto.
Mi chiamò quando venne portata all’ospedale, nel momento in cui la situazione era arrivata a non essere recuperabile, ma solo alleviata.
L’unica cosa che riusciva a dire è che non ce la faceva a vederla così, che non voleva mettersi al posto di Dio, decidere per Lui, ma voleva solo comportarsi da marito, fare quel che considerava giusto per lei.
Quando avvenne mi contattarono.
Non venni invitato al funerale ma avrei voluto andarci.
Ci sarei andato come Giuseppe, Luca e Valerio, tutti più o meno grati.
Perché a forza di pazienti che se ne vanno e di affezione che non devi sviluppare si tirano su muri che ti stanno sinceramente sul cazzo.
Perché all’ordine del giorno delle critiche mosse alle professioni sanitarie c’è quella di essere insensibili e fantasticose teste di cavolo che dovrebbero cambiare lavoro.
Nel mentre non puoi piangerli, non puoi parlarne perché verresti massacrato dalla gente, non puoi sfogarti e non puoi incrinarti.
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