Entro in carrozza mentre la gente a Termini sta prendendo posto e riponendo i bagagli.
Individuo la tizia verso il fondo.
Inizio la mia marcia verso di lei con espressione sempre più truce mentre la vedo armeggiare con una borsa. La parte razionale del mio cervello registra che la sta posando nella cappelliera e non prendendo. La tizia si volta a guardarmi e incrocia il mio sguardo furioso.
Ne approfitto e le dico: “Tu! Giù!” mentre ancora mi avvicino. La parte razionale del mio cervello registra che la tizia ha un’espressione totalmente inadatta alla circostanza, un mix di curiosità e confusione.
Parte l’alert “figura di me**a” al cervello. Capisco.
Le passo accanto a passo di marcia guardando dritto avanti a me e, come se niente fosse, esco dalla carrozza e scendo.
Il mio collega ha avuto molto più stile di me.
Adocchiata la “zingara” che aiutava il viaggiatore a riporre il bagaglio si avvicina e con professionalità e calma gli fa: “Signore, non dovrebbe dare i soldi per farsi aiutare, devono imparare a non guadagnare in questo modo perché poi ci creano problemi a bordo…”.
Risposta: “Ma è mia sorella!”
Sipario.
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