L’altro giorno ero andato a donare il plasma. Mentre aspetto al bancone delle infermiere che si liberasse una poltrona – giornata affollata, strano per il mese di agosto – arriva questa ragazzetta che avrà avuto un 25 anni, bellina, vestita con un vestitino giallo di quelli che per risparmiare vengono fatti con la cravatta vecchia del babbo, tipo che usando la stoffa di una cravatta di vestitini ce ne fai tre.
“Ma guarda te, ora vengono a fare gli Onlyfans anche al trasfusionale” ho pensato.
Poi invece è scappato fuori che donava il sangue anche lei. Brava. Si libera una poltrona – sono poltrone comodissime, stai semisdraiato, gambe alte, cuscino morbido – e mi siedo. Parte la procedura, m’infilano l’agone, mi metto a guardare il telefono.
Dopo pochi secondi si libera un’altra poltrona esattamente di fronte a me. La ragazza trotterella felice verso la destinazione, poi realizza che per lei sarebbe stato complicato sedersi senza che io, dalla poltrona di fronte, non riuscissi a farle una completa visita ginecologica almeno a livello superficiale. Improvvisamente arrossisce, si ferma, inizia a fingere di cercare qualcosa in borsa. Ogni tanto dà un’occhiata in giro per vedere se qualcuno la guarda. Da vecchio depravato che qualcosina nella vita l’ha vista capisco il suo disagio.
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