Dopo un po’ suona il campanello di fine donazione: il macchinario ha estratto la quota di sangue prevista. Però non sono io che ho finito, è lei. Le donazioni di sangue durano molto meno tempo delle donazioni di plasma. Quando arriva l’infermiera a togliere l’ago dal suo braccio e non dal mio, nei suoi occhi serpeggia un certo panico. Resta seduta sulla poltrona il tempo previsto dopo la donazione. Poi ci resta un altro po’. Poi ci resta un altro po’ ancora. Io mi sono scocciato e ho smesso da un po’ di guardare il cellulare. Guardo un po’ ovunque, ogni volta che guardo di fronte vedo i suoi occhi risentiti piantati su di me.
Così non può andare avanti, quindi chiedo a voce alta a un’infermiera quanto mi manca alla fine della donazione. Lei mi risponde “Sono più di 30 anni che vieni qui, che ancora non l’hai imparato? Ti ci vorrà almeno un’altra mezzora”.
Obiettivo raggiunto, la ragazzetta capisce immediatamente che aspettare ulteriormente non è possibile. Mi chiedo che strategia adotterà per scendere dalla poltrona. A mio avviso la migliore sarebbe di incrociare le caviglie, ruotare il bacino e scendere di lato. Invece lei sceglie l’inaspettato e decide di farsi scivolare avanti lungo la poltrona. Pessima scelta se hai i tacchi a spillo. Infatti arrivata al momento di fare l’ultimo saltello atterra male, si torce una caviglia, cade in avanti e tutto sommato mostra a un ampio pubblico più di quello che aveva previsto di fare.
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